La diffusione suggerisce che non è realistico per gli Stati Uniti, l’Europa ed il resto del mondo tornare alla normalità troppo presto, anche se le curve virali sembrano in diminuzione.
Singapore ha fatto quasi tutto bene.
Dopo aver registrato il suo primo caso di coronavirus il 23 gennaio, la prospera città-stato ha tracciato meticolosamente gli stretti contatti di ogni paziente infetto, mantenendo un senso di normalità per le sue strade. I confini sono stati chiusi alle popolazioni che potrebbero portare il contagio, anche se le imprese sono rimaste aperte.
Test e trattamenti ampi erano gratuiti per i residenti.
Ma negli ultimi giorni la diffusione del coronavirus a Singapore è più che raddoppiata, con oltre 8.000 casi confermati a partire da lunedì, il più alto nel sud-est asiatico. La maggior parte delle nuove infezioni si trovano in dormitori affollati in cui vivono i lavoratori migranti, non notati da molti dei residenti più ricchi del paese e, a quanto pare, dal governo stesso.
La diffusione del coronavirus in questa ordinata città-stato suggerisce che potrebbe essere difficile per gli Stati Uniti, l’Europa e il resto del mondo tornare alla normalità in breve tempo, anche quando le curve virali sembrano essersi attenuate. Sebbene i paesi possano seguire da vicino i contatti per cercare di tenere a bada un’epidemia come ha fatto Singapore, il coronavirus infetta, uccide e si diffonde ogni giorno che passa, lasciando scienziati e leader politici al passo con il suo ritmo incessante e nuovi allarmi.
Semmai, le prove di questo paese fortemente urbano e iper-internazionale suggeriscono un futuro globale in cui il viaggio sarà un tabù, i confini chiusi, le quarantene perdurano ed industrie come il turismo e l’intrattenimento sono emarginate. Matrimoni, funerali e feste di laurea dovranno aspettare. Le popolazioni vulnerabili, come i migranti, non possono essere ignorate.
“Inoltre ci adatteremo sempre di più alla nuova normalità“, ha dichiarato Josip Car, uno dei massimi esperti di scienze della salute della popolazione presso la Nanyang Technological University di Singapore. “Questo è il probabile futuro per i prossimi 18 mesi minimo, essendo questo il tempo previsto per rendere disponibile un primo vaccino su vasta scala.”
Con il proliferare dei casi, Singapore abbandona la sua strategia di mantenere una parvenza di vita normale. Le scuole sono state chiuse l’8 aprile e ai residenti è ora richiesto di indossare mascherine in pubblico. Centinaia di migliaia di lavoratori stranieri sono stati messi in quarantena nei loro spazi angusti, con test che hanno portato alla luce centinaia di nuovi casi al giorno.
“Sono molto spaventato, ovviamente”, ha detto Monir, un lavoratore del Bangladesh che non è autorizzato a lasciare il suo dormitorio nonostante abbia bisogno di altre cure mediche. Ha rifiutato di dare il suo nome completo perché il suo datore di lavoro non lo aveva autorizzato a parlare con la stampa. “C’è il Covid e non possiamo andarcene.”
Nonostante tutta la reputazione di Singapore come città-giardino che ha bandito la spazzatura e coltivato una forza lavoro altamente istruita, la nazione insulare compatta da molto tempo dipende da oltre un milione di lavoratori a basso salario per costruire i suoi grattacieli, pulire i suoi pavimenti e far funzionare il suo porto. Ma questi migranti stranieri, che hanno poche possibilità di acquisire la cittadinanza di Singapore, sono stati esclusi dalla rete di sicurezza sociale del paese, anche se una serie di regolamenti garantisce condizioni minime di lavoro e copertura sanitaria.
Il gruppo si è rivelato un importante punto cieco nella pandemia di coronavirus, esponendo le esperienze nettamente diverse di ricchi espatriati e più poveri in una città-stato in cui il 40% degli abitanti è nato all’estero.
Mentre gli arrivi all’aeroporto di Singapore a clima controllato, con i suoi giardini di farfalle e le sue orchidee, venivano attentamente monitorati per il coronavirus, il contagio si stava diffondendo in dormitori costruiti dal governo affollati di 200.000 lavoratori stranieri, principalmente dall’Asia meridionale e dalla Cina.
I primi lavoratori stranieri a basso salario sono risultati positivi per il coronavirus a febbraio e i loro contatti stretti sono stati messi in quarantena e testati, secondo le autorità di Singapore.
Ora, decine di dormitori e lodge soffrono di focolai. Grappoli di infezioni sono emersi anche in cantieri e in un parco industriale. Lunedì Singapore ha registrato 1.426 nuovi casi, in gran parte legati ai test sui migranti, un salto record in un paese che un mese fa ha registrato circa 300 casi.
Le autorità di Singapore, a quanto pare, non sono riuscite a valutare appieno la contagiosità del virus. La maggior parte dei casi sono lievi o asintomatici e nessuno finora ha richiesto cure critiche, secondo il governo, forse spiegando perché la diffusione tra la popolazione straniera non sia stata rilevata in precedenza.
Fino a 20 lavoratori in una singola stanza soffocante, questi dormitori per lavoratori stranieri sono stati i siti di precedenti focolai di malattie, come la tubercolosi.
I residenti si lamentano di infestazioni di insetti e problemi idraulici.
Tre lavoratori hanno affermato che le loro stanze non sono state disinfettate a seguito del coronavirus, nonostante le promesse che le condizioni sarebbero migliorate.
Khaw Boon Wan, ministro dei trasporti di Singapore, ha dichiarato domenica in un post di Facebook che gli operai edili stranieri stanno ricevendo “la massima attenzione”.
“So che i nostri lavoratori stranieri apprezzano gli sforzi”, ha detto. “Sanno che sono più sicuri a Singapore ora che altrove, anche a casa”.
